La definizione che Conte medesimo dà della sua arte è perfetta:

“Io? Né poeta né cantautore, sono semplicemente un musicista jazz ospite in casa d’altri”.

Diventa cantautore di fama internazionale nel 1985 con l’album che conteneva il brano “ sotto le stelle del jazz “.

Pronunciando questa parola magica “jazz“ , mi viene in mente il trombettista che racconta il suo straordinario incontro con “Novecento“, “ il pianista sull’oceano “( romanzo di Alessandro Baricco).

Il trombettista non ingaggiato all’imbarco sulla nave “ Virginian “ si mise a suonare una musica che non si capiva da dove provenisse, il responsabile di questo ingaggio gli chiese “ cosa era ? “ e il trombettista rispose “ non lo so “ e l’altro : quando non sai cos’è, allora è JAZZ!

Ed è aria di jazz e di America che Conte respira fin dall’infanzia.

La sua musica e suoi testi sono uno stato d’animo che mira a qualcosa di più grande pur raccontando l’ordinario.

Nelle sue canzoni si sentono profumi, si percepiscono nebbie, si avverte il movimento del vento che viene dal mare, si tocca la timidezza, si avverte la solitudine dell’uomo che può trovarsi a Genova, ma anche in un qualunque luogo quando il “ luogo “ diventa “ l’uomo stesso “.

Le sue canzoni si muovono sì sulla traccia del jazz ma mescolano ( come egli stesso dice ) tango, habanera, Francia e Sudamerica, valzer e suggestioni  napoletane.